lunedì 9 novembre 2009

PER ME PENNETTE. ABBONDANTI.

Il gioco di parole del titolo è stupido ma non privo di significato. La vittoria delle ragazze del tennis a cui ho assistito nel weekend appena trascorso ha infatti un tratto caratteristico davvero notevole, comune peraltro alla vittoria agli europei di volley consumata dalle ragazze poche settimane addietro. Partivamo favorite. Vengo e mi spiego.
Per restare strettissimamente nel tema, la prima Federation Cup l'Italia la vinse nel 2006, però "all'italiana": giocavamo in casa delle favorite belghe, che allora schieravano Cljisters e Henin, cioè le prime due al mondo, e va bene che la prima era infortunata, ma con l'altra in campo si partiva sotto zero a due, come probabilmente sarebbe stato se a Reggio non avesse dato forfait a pochi giorni dal match Serena Williams. Non solo, il doppio decisivo le nostre lo stavano giocando alla grande, si, ma lo hanno vinto per ritiro proprio della Henin. Con questo non voglio togliere nulla al merito delle nostre atlete, ma partire da ousider e arrivare rocambolescamente alla vittoria è - lasciatemelo dire - tipicamente italico, nel perfetto stile Nazionale di calcio, che ha vinto gli ultimi due campionati del mondo (1982 e 2006) in mezzo a una bufera mediatica rispettivamente per lo scandalo scommesse e moggiopoli, e senza nessuno che avrebbe scommesso un cent su di loro prima e anche dopo l'inizio del torneo.
La mancanza delle sorelle Williams, invece, lasciava in campo USA giocatrici di medio livello, nettamente più scarse delle nostre almeno in termini di classifica. Ebbene, contrariamente a quanto ci si potesse attendere, ciò non ha influito sull'impegno e sulla concentrazione delle nostre atlete, e bastava guardare gli occhi di Flavia Pennetta prima di entrare in campo nel primo incontro, poi liquidato con autorità: uguali a quelle della pallavoliste contro l'Olanda. Basta vedere con che lucidità e coraggio ha chiuso l'incontro decisivo, con un'azione da manuale pallacorta-passante, nel video qui sotto.

La Pennetta deve forse questa sua maturità alle sue scelte di vita "spagnola". Ma anche Francesca Schiavone condivide a tratti la sua stessa lucidità e consapevolezza, anche se fatica a trattenere un'emotività che ad esempio ieri abbiamo visto esplodere nel dopopartita, quando si è trasformata in un folletto che rincorreva tutti dappertutto con gavettoni di vario genere e misura.
Il tennis, infatti, è uno sport dove sei solo con te stesso, e senza maturità e autocoscienza non si arriva da nessuna parte nemmeno se si è dotati di grande talento, come può confermare chi ha visto in campo Paolo Canè, ad esempio. E questo, al di là delle annose pecche organizzative a livello di base, spiega più di ogni altra cosa perchè l'Italia è fuori da anni dai vertici mondiali di questo sport. Dove non c'è posto per mammoni e gente non disposta e non capace di mettersi a girare il mondo praticamente da soli a 18 anni.
Ecco, forse allora il fatto che a costituire lodevoli eccezioni siano significativamente più spesso le donne non è casuale. Forse le ragazze italiane sono più avanti dei maschietti nell'affrancarsi dai difetti atavici, e questo dovrebbe suggerire anche qualcosa a livello di candidature politiche.
Vedremo se ricorderemo l'impresa delle tenniste a Reggio Calabria (ne parlo sempre male, da figliolo improdigo, per cui se dico che l'organizzazione è stata lodevole sono più credibile; mi è spiaciuto solo di non aver visto gli spalti gremiti, e il tempo incerto non è una scusante per gli assenti) nel 2009 come un episodio, l'ennesima lodevole eccezione alla regola che ci vede vincere solo in base ad afflati di stato di grazia che ci colpiscono quando nessuno se lo aspetta, oppure se la tendenza si consoliderà, e "infetterà" anche l'altro sesso. Da qui la battutaccia gastronomica del titolo: vorrei tante pennette nel futuro di questo Paese, e molti meno cetrioloni immaturi e strapagati.

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