martedì 2 ottobre 2012

VIVA VIVA LA GALERA

Ogni volta qualcuno cade dalle nuvole, ma senza un cambiamento
di sintassi non abbiamo speranze: ruberanno anche i prossimi.
Ogni tanto ce lo dimentichiamo, ma la differenza tra noi e per esempio i tedeschi, quella che poi stringi stringi fa alla fine il famoso spread, non è nelle politiche di bilancio, non nell'etica del lavoro, non nella percentuale di fannulloni, non nel sistema pensionistico, non nella creatività delle imprese o nella produttività del lavoro, non nella frammentazione politica quindi non nell'equazione irrisolvibile rappresentatività/governabilità, non nella potenzialità produttiva, non nelle risorse naturali (in tempi in cui le energie rinnovabili contano sempre più). O meglio, si, ci sono differenze in queste e altre dimensioni, ma sono conseguenza della differenza vera: quella nel tasso di corruzione della classe politica e dirigente in genere, e nel tasso di tolleranza alla corruzione (per interesse e/o per menefreghismo, non importa) del restante 99% della popolazione.
Si tratta di un assunto che personalmente mi sembrava evidente da ragazzo e mi sembrò dimostrato da tangentopoli, ma se torniamo indietro a rileggere la storia patria alla luce di questa lente interpretativa, forse finiamo per scoprire che si tratta quasi di un marchio d'origine, un DOC apposto sulle prime bottiglie del vino Italia direttamente proveniente dalle vigne di Camillo Benso conte di Cavour, se è vero com'è vero che il Piemonte aveva un debito pubblico mostruoso che ripianò col tesoro del Regno di Napoli, e che il Gattopardo è un capolavoro che bisognerebbe far leggere nelle scuole al posto dei Promessi Sposi o di Cuore, se si volesse davvero far capire questo Paese ai suoi giovani affinché possano davvero cambiarlo.
I padri teorici del liberalismo e della democrazia immaginarono possibile che questi due istituti potessero reggere, e soppiantare così l'assolutismo aristocratico da sempre imperante nella razza umana (discendente dalle dinamiche di gruppo degli scimpanzè, nè più nè meno), solo con una separazione tra le tre facce del Potere in tre Poteri distinti: legislativo, esecutivo e giudiziario. Solo mantenendo questi in equilibrio si poteva sperare in una tendenza autotemperante di fondo che neutralizzasse gli effetti peggiori di devastanti istinti umani come la prevaricazione, l'accumulo di ricchezza e potere, la corruzione. Si noti: non abolire, ma neutralizzare gli effetti peggiori! darsi obiettivi raggiungibili è uno dei segreti del successo, e se miri a cambiare la natura umana sei destinato a fallire, ma se miri a organizzare le regole in maniera che la natura umana resti in qualche modo imbrigliata, ecco che qualcosa la puoi ottenere.
Questa lunga premessa per sostenere che è proprio la mancanza di equilibrio tra i poteri che ci ha portato a questo punto: con una magistratura davvero libera e indipendente, così com'era disegnata dalla nostra Costituzione, non si sarebbe affermato quel senso comune di impunità che avrebbe tarato sul nascere ogni riforma, dall'unità d'Italia al federalismo passando per la democrazia parlamentare. In pochi negli anni 70 vedevano i rischi del decentramento amministrativo, allora si chiamava così, che partì dall'attuazione del dettato costituzionale in merito all'istituzione delle Regioni, anzi l'importanza della vicinanza coi cittadini dei centri decisionali ai fini del controllo dell'operato eccetera eccetera bla bla bla divenne luogo comune prima a sinistra per poi prendere la deriva oncologica che chiamiamo federalismo. Il punto era, e resta, che non tutte le regole vanno bene per tutti, e per gli italiani moltiplicare le possibilità di carriera politica poteva avere solo l'esito che ha avuto, come pure poi deviare il fiume del bilancio nazionale in troppi canali e rigagnoli: impossibile controllare neanche militarmente che non si rubino l'acqua.
Oggi l'unica soluzione sarebbe, e uso il condizionale perché stante il luogo comune di cui sopra e l'attuale composizione dello scenario politico non può essere adottata se non dopo una guerra o altro evento traumatico della stessa portata, azzerare il federalismo e cancellare le regioni, anche perché in contrasto col progetto di unione politica europea che a sua volta dovrebbe essere composta da entità di tipo regionale e non nazionale come oggi, lasciare le province ai Prefetti e alle loro funzioni tipiche (senza organi elettivi nè bilanci se non in quanto parte di quello del Ministero dell'Interno), e dare ai Comuni tutte quelle funzioni che non possono tornare a una Pubblica Amministrazione nuovamente centralizzata, di tipo bonapartesco, con responsabilità gerarchicamente crescenti. Si avrebbero risparmi tali da risolvere per sempre ogni nostro problema di bilancio, a patto che...
A patto che parallelamente si lasciasse i magistrati liberi di fare il loro mestiere fino in fondo. Una mani pulite che duri decenni, solo questo ci salverebbe, forse, perché ci sarebbe il tempo che entri nel senso comune che se si sbaglia si va in galera. Le carceri intanto potrebbero essere svuotate da extracomunitari e altri poveracci con nuove normative su droga immigrazione e altri reati minori, mentre nessuna pietà dovrebbe essere invocata per chi ha commesso un reato nell'esercizio di una funzione che già di suo gli dava abbastanza guadagno. Tra l'altro, ciò sarebbe in linea col dettato cristiano (non con la prassi, lo so, che ha fatto da mamma alla corruzione imperante e al nepotismo). Per dire, un Sallusti è pagato e profumatamente per essere responsabile dei pezzi pubblicati sul suo giornale, quindi se ne pubblica uno anonimo che diffama pesantemente chicchessia, è lui che va in carcere. C'è un reato, commesso peraltro con fini politici abietti (partecipare al coro di attacco alla magistratura che ha compromesso l'equilibrio dei poteri) ma questo è secondario, c'è una pena: la si paghi. Non c'è invece nessuna libertà di opinione violata, quella è semmai sotto attacco da anni, sotto forma di leggi bavaglio e altri tentativi di ingabbiare la libera espressione dei cittadini attraverso la Rete, da parte degli stessi politici che oggi si ergono a paladini della stampa per salvare il culo a un amico.
A proposito, vi propongo, sul caso Sallusti:
  • la lettera di Miragoli  pubblicata da ildialogo.org, ottimo periodico di ispirazione cristiana con forte orientamento al confronto interreligioso;
  • l'analisi di Sergio di Cori Modigliani sul suo blog, che punta il dito sulla "cupola mediatica" che ha fatto quadrato come un sol uomo in difesa del reo;
  • sulla stessa lunghezza d'onda, ma con tagli diversi, i pezzi di Robecchi su Micromega, Massimo Fini su Il fattoLameduck sul suo blog.
Di quest'ultima vi segnalo anche questo pezzo sull'Huffington post, che ha appena aperto in Italia con la direzione nientemeno che di Lucia Annunziata, da cui estraggo un passo che potrebbe essere una specie di manifesto del libero blogger:
Un blogger è essenzialmente qualcuno che ha la passione di scrivere e che decide di dedicare qualche ora al giorno del suo tempo libero, quasi tutti i giorni, alla scrittura. Generalmente lo fa senza alcun ritorno economico ma solo per passione. Un blogger scrive in base ai suoi interessi e in piena libertà. Non deve rendere conto a nessuno ma alla sua coscienza. Il blogging è soprattutto libertà, è una delle migliori  incarnazioni della libertà di espressione. E' come il surf.  Scrivere un grande post è come cavalcare la grande onda. Il blogging è rivoluzionario e geneticamente anarchico. Il blogging è però anche impegno e ricerca quando vuole farsi informazione. Capita di dover passare diverse ore sul web alla ricerca di materiale, di documentazione, dovendo tradurre da lingue straniere, cercando riscontri alle fonti. E' un maledettissimo impegno che impone anche, volendo trattare di politica ed attualità, di stare sempre sul pezzo, come dicono i cugini giornalisti. Il blogger, in questa versione di servizio, può perfino diventare l'intellettuale dei nostri tempi.
Non siamo pagati ma è meglio così. Non abbiamo nessuno che ci cambi il titolo, che ci tagli e ricucia i pezzi, che ci censuri pensieri e parolacce, che ci mescoli con gente che il blog se lo fa scrivere dal portaborse, dalla segretaria o dall'assistente alla poltrona governativa.
[...]
P. S. Questo blog non ha pubblicità, non spompina le blogstar e quindi da sei anni non riceve nomination ai Macchianera Awards, non è tra i primi cento blog italiani e non ha casaleggi alle spalle. Se volete fare qualcosa per questo blog, se vi piace, l'unico modo è parlarne in giro, linkarne i post ed invitare a leggerlo.
Infine vi propongo tra i link di colonna sinistra il blog di un giornalista che rischia davvero, altro che Sallusti e - per saltare da palo in frasca - Saviano: Antonino Monteleone, riggitanu comu a mmia, qui in argomento con un'analisi sul caso Scopelliti.
Poi però lascio la parola al grande Jannacci, che urla il titolo di questo pezzo tra una intro con l'indimenticabile Beppe Viola e una canzone mai troppo riascoltata, a proposito di libertà...

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