mercoledì 12 giugno 2013

UNA VITTORIA COCENTE

Il cappotto alle amministrative con annessa batosta a PdL, Lega e M5S ha visto nascere un coro spontaneo, di politici e giornalisti, a cantare vittoria. Alcuni addirittura arrivano a dedurre un sostegno degli italiani alla scelta del PD di creare il governo di larghe intese con Berlusconi e soci. Io fossi in loro sarei molto più cauto: ogni volta in cui il cosiddetto centrosinistra ha cantato vittoria, l'ultima di tante appresso ai sondaggi prima del voto di febbraio, ha poi preso delle scoppole memorabili, e vista l'entità reale (non percentuale, perché i non votanti possono sempre tornare a votare...) dei consensi rimasti la prossima potrebbe essere fatale.
Anche perché da Vendola in poi, fino a Marino passando per Genova e almeno un'altra decina di test elettorali importanti, il PD ha vinto solo dopo aver "perso le primarie", sintesi per dire dopo che alle primarie aveva prevalso un candidato diverso da quello indicato dal partito. Marino addirittura si è guardato bene dal mettere sul proprio sito il logo del PD manco piccolo piccolo, ed ha fatto della propria alterità rispetto alla linea ufficiale del partito la propria bandiera, non mancando mai di ostentare ad esempio il proprio voto a Rodotà presidente, senza contare che il suo programma, e in genere la sua identità politica, è tutto un fiorire di tematiche su cui ha una posizione nettamente diversa da quella del PD (quando il PD ha una sua posizione, cosa che non succede spesso, viste le due anime inconciliabili) e magari invece molto simile a quella di SeL e del Movimento 5 Stelle, in particolare per quanto riguarda l'etica.
Allora, anche perché le analisi politiche sono già fin troppo abbondanti e quasi nessuna davvero obiettiva, voglio fornire come aiuto ad interpretare correttamente i recenti risultati elettorali la mia posizione soggettiva, anche se solitamente sono contrario ad ogni tipo di estrapolazione di regole da posizioni soggettive (detesto, insomma, quando qualcuno propone una qualunque soluzione partendo da "un mio amico ha fatto, a un mio amico è capitato" eccetera). Lo faccio proprio perché forse stavolta la mia scelta personale non è stata poi così atipica, proprio a giudicare dai risultati.
Come forse si intuisce appena da queste pagine, negli ultimi mesi del 2012 sono passato, nei confronti di Grillo e del suo moVimento, da una posizione di osservazione critica (a volte molto critica) ad una di adesione convinta (ma non acritica) e sostegno. Ho votato M5S alle politiche, e sono convinto fosse l'unica scelta a disposizione di una persona che si riconosceva in un sistema di valori "di sinistra", perché l'adesione acritica del PD al credo monetarista e ai patti europei di esso figli rendeva e rende impraticabile ogni politica economica, quindi ogni politica, di reale redistribuzione delle risorse in favore "delle classi meno abbienti", o per dirla con Marx "del fattore lavoro". Sono però anche convinto che il mio stesso ragionamento fosse possibile anche "da destra", da parte di quelle persone diversamente ma autenticamente "conservatrici" che hanno avuto la sventura di vedere la loro parte politica appaltata a uno spregiudicato uomo d'affari e asservita ai suoi interessi. Per entrambe queste ragioni, sono convinto che l'apertura di Bersani ai grillini fosse parziale e strumentale, cioè finalizzata alla dissoluzione del consenso bipartisan a Grillo senza d'altra parte offrirgli né formalmente (gli ha chiesto la fiducia ma non di fare assieme il governo) né tanto meno sostanzialmente (una volta stanato Grillo, e fattogli perdere d'un colpo tutti gli elettori provenienti dalla Lega e dall'astensione di destra, mezzo PD avrebbe comunque affossato il governo Bersani non appena avesse provato a fare davvero qualcosa di sinistra: quel mezzo PD che ha affossato Prodi e impedito di prendere in considerazione la candidatura Rodotà, per l'esattezza), e quindi che abbia fatto benissimo Grillo a rispondere picche per poi "denudare il re" (per chi lo vuole vedere, è nudo, PD e PdL sono due facce della stessa medaglia, ma non c'è peggior cieco di chi non vuole vedere) con l'opzione Rodotà.
Tutto ciò non mi ha impedito di affrontare le elezioni amministrative con un approccio totalmente diverso. A Roma non c'era il candidato del PD, non Veltroni che non lo voterebbe più manco suo padre, non Sassoli che sia mai voglia ripercorrere il sentiero di Marrazzo fino in fondo, né nessun altro esponente della nomenclatura. C'era uno che si è sempre distinto per posizioni di avanguardia sulla vita e la bioetica, peraltro ampiamente non condivise in seno al PD, e che aveva appena votato Rodotà presidente. Il candidato 5stelle non lo conoscevo, come quasi tutti gli altri. Io dovevo scegliere il mio Sindaco, e ho votato Marino. Non credete sia un ragionamento semplice semplice, talmente condivisibile da essere di fatto stata la ragione principale dei risultati elettorali?
Da cui peraltro si può dedurre in genere che, stante anche la dissoluzione della Lega (pace all'anima sua, era ora) e lo sfibramento del PdL appresso ai processi di Silvio (che però, attenzione, non si presenta alle amministrative, ragion per cui il suo schieramento le ha quasi sempre perse, salvo significativamente quando era premier D'Alema...), oramai la stragrande maggioranza dell'elettorato o vota Grillo o non vota.
Dallo stesso ragionamento deriva anche la critica più intelligente fatta alle scelte strategiche di Grillo e Casaleggio: va bene non andare in tivù, va bene la crociata anti-Casta con rinuncia ai rimborsi tagli ai compensi e limiti di rieleggibilità annessi, ma se rinunci a selezionare in qualche modo le persone con criteri qualitativi puoi riempire il parlamento di sconosciuti solo grazie proprio alla legge elettorale che detesti e osteggi, che premia l'appeal ideologico della lista ma porta alle Camere nomi decisi a livello di segreterie nazionali, ma alle amministrative perdi e anche alle politiche se si torna al maggioritario specie se uninominale.
Insomma, con il maggioritario a doppio turno, di collegio o nazionale, il PD riacquista senso ad esistere e anzi è destinato a dominare la scena politica fino a quando una destra moderata riesca a riorganizzarsi sulle macerie del berlusconismo: si tratta di una constatazione banale per chiunque abbia almeno una infarinatura di scienza della politica, ma ciò non assicura affatto, anzi, che in casa PD siano in grado di farla e tramutarla in azione politica, e anche fosse i suoi partner di governo non sono così cretini da lasciarglielo fare. Per cui resta probabile che si rivoti col Porcellum o una sua versione non significativamente modificata, non so se tra sei mesi o due anni. Ma se nel frattempo l'aria in Europa non sia cambiata e ne risulti invertita la rotta della crisi, il trionfalismo del PD sui risultati di queste amministrative somiglierà drammaticamente a quello ostentato nei mesi di sondaggi preelettorali. E se nel frattempo sono riusciti ad annientare Grillo, come stanno tentando di fare con potenza di fuoco inaudita (avessero fatto così con la Lega o Berlusconi, la storia degli ultimi vent'anni sarebbe stata totalmente diversa), sarà qualcos'altro a raccogliere i cocci del nostro patto sociale. E potrebbe non piacere per niente, in primis a tutte quelle anime belle che continuano a considerare Grillo il Nemico Alle Porte quando hanno il Nemico In Casa e non lo sanno.

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